Ingredienti per 1,3 kg. di impasto:
  • 800 gr. di farina 00
  • 500 gr. di acqua
  • 25 gr. di sale
  • 2 gr. di lievito di birra fresco

Preparazione:

La preparazione della pasta lievitata in casa può essere un’esperienza gratificante, che permette di personalizzare il gusto e la consistenza della pizza. Si possono utilizzare ingredienti di alta qualità, controllare il processo di lievitazione e ottenere una base sana e genuina per la propria pizza. La ricetta potrebbe includere farina di vari tipi, acqua, lievito di birra o lievito madre, sale e olio d’oliva o strutto, che vengono impastati insieme per formare una massa elastica e morbida. Successivamente, la pasta lievitata viene lasciata riposare e lievitare per alcune ore, affinché possa sviluppare tutto il suo sapore e la sua consistenza unica.

Quello della panificazione è un mondo specializzato a parte, esistono migliaia di modi di fare l’impasto a seconda dell’utilizzo. Questo indicato in questa pagina è uno dei tanti, semplice, domestico, che uso spesso per fare la pizza, ma anche il pane.

Procedete in questo modo: in un bicchiere con 100 gr. di acqua tiepida sciogliere il lievito con mezzo cucchiaino di zucchero. Impastare tutti gli ingredienti e l’acqua rimasta nella impastatrice per 20 minuti.

Mettere l’impasto in una terrina capiente, coprirla con un panno, e tenerla in frigo per 6 ore. Reimpastate il tutto e se dovete fare delle pizze fate palline da 100 gr., le ponete su un piano infarinato a distanza doppia rispetto al diametro della pallina e fatela lievitare fuori per altre 5 ore. Se volete fare del pane porzionate la pasta secondo le dimensioni del pane che volete fare. Potete metterle dentro il forno spento con la luce accesa. La lievitazione è molto sensibile alla temperatura esterna per cui i tempi e gli effetti, se non siete in ambente protetto e controllato, dipendono dalla stagione. Deve almeno raddoppiare il volume.

Per il pane casareccio potete usare una miscela di semola di grano e farina 00 aumentando leggermente la proporzione dell’acqua. Se ve la sentite iniziate a usare il lievito madre, se riuscite a procurarvelo, ma è un mondo nuovo che richiede costanza e dedizione mentre la reperibilità e l’uso del lievito di birra è decisamente molto più semplice.

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Memorie:

Mia madre mi racconta che mia nonna aveva questo metodo: dalla panificazione precedente conservava un panetto in un panno umido per non seccarsi troppo. Questo era chiamato “Frumentu” e conteneva il lievito madre indispensabile per la “fermentazione”, la lievitazione con gli enzimi presenti. La sera prima della preparazione del pane scioglieva questo panetto in acqua tiepida. Mescolato con la farina faceva un piccolo impasto e lo metteva dentro una grande terrina troncoconica chiamata “xivedda”. Ricopriva questo impasto con altra farina e lo lasciava tutta la notte a lievitare e rilasciare spore di lievito nella farina.

La mattina successiva, tipicamente si faceva il pane il sabato verso le 4, si preparava un impasto con il composto della sera precedente, la farina, l’acqua e il sale. All’epoca si usavano le farine prodotte in casa con il grano coltivato nei campi circostanti. In genere era grano duro di varietà autoctone.

A livello domestico richiedeva una lavorazione manuale di impasto abbastanza faticosa. L’impasto si lasciava poi a lievitare per circa 2 ore. Dopo questo tempo si lavorava energicamente, con un’operazione che si chiamava “spongitura” per rendere l’impasto morbido. Si separava in panetti della grandezza desiderata e si faceva lievitare ancora. I panetti venivano riposti a lievitare in larghi canestri piatti fatti di giunco intrecciato e venivano separati con delle tovaglie, infarinando abbondantemente con cura e precisione, a una distanza che teneva conto della crescita di volume dovuto alla lievitazione. Nel mentre si scaldava il forno a legna a temperatura alta. Per infornare i panetti lievitati si liberava il forno dalla brace e si puliva con delle scope, realizzate di volta in volta, di frasche fresche che rilasciavano anche un profumo particolare.
Si infornava inserendo i panetti con le pale da forno e con maestria si regolava la temperatura interna variando l’apertura della bocca del forno e anche con la quantità di brace posizionata all’ingresso. La produzione era settimanale e la quantità doveva bastare per tutta la famiglia numerosa, quantità che arrivava anche a 30 kg. di pane prodotto per volta.

Il resto della settimana si dedicava alla produzione della farina e degli altri prodotti che derivavano dalla macinazione domestica del grano fatta con macine di pietra, chiamate mole, mosse da trazione animale, tipicamente quella dell’asino che assumeva quindi il nome specifico di “molenti”. Anche l’attività manuale della produzione della farina e dei sui derivati era abbastanza faticosa.

Variante con farina integrale di grano tenero:

La variante dell’utilizzo della farina integrale di grano tenero nell’impasto rappresenta un’interessante evoluzione culinaria. L’introduzione della farina integrale apporta una dimensione nutrizionale più ricca, arricchendo il prodotto finale di fibre, vitamine e minerali. L’impasto, preparato seguendo le nuove proporzioni, vede un equilibrio tra un chilogrammo di farina di grano tenero e 640 grammi di acqua, creando una consistenza che rispecchia la natura più rustica della farina integrale. Il lievito di birra, dosato a 10 grammi, garantisce la giusta lievitazione, mentre i 20 minuti di impasto conferiscono la struttura desiderata. L’aggiunta di 25 grammi di sale perfeziona il sapore complessivo dell’impasto. Questa variante richiede un’attenzione particolare durante la lavorazione data la diversa assorbenza dell’acqua da parte della farina integrale. Il risultato finale sarà un prodotto che coniuga gusto, salute e consistenza, offrendo un’esperienza gastronomica arricchita e soddisfacente.